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Il museo diocesano di Salerno

Il museo diocesano di Salerno

Il museo diocesano di Salerno, storia e opere.

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Il Museo diocesano di Salerno è tra i più importanti musei della provincia ed ha sede nell’ ex Seminario Diocesano, ultima sede della scuola medica salernitana, che con la Biblioteca e l’Archivio, costituisce un grande polo culturale della città e della provincia. L’aspetto attuale della struttura è conseguenza dei lavori di restauro del 1832 voluti dall’arcivescovo Lupoli

A seguito di questo intervento, la struttura ha assunto un aspetto neoclassico, con un cortile interno e lo sviluppo delle mura lungo il suo perimetro.

Il museo diocesano di Salerno è sorto nel 1935 e definitivamente sistemato nel 1955

Il piano terra del museo ospita una serie di sale che seguono lo sviluppo dell’ampio quadriportico, che lo rendono fruibile per ogni tipo di evento e manifestazione. Ogni sala è caratterizzata dalla presenza di un quadro, una tavola, affreschi al soffitto e pavimenti in maioliche d’epoca dall’ elevato valore artistico.

All’interno del Museo diocesano di Salerno, possiamo trovare opere che vanno dal Medioevo al XX secolo.

Quattro grandi sale raccolgono opere d’arte di Salerno del XII e XII secolo e nei corridoi di accesso ad esse vi è una collezione di monete della Magna Grecia, della Repubblica Romana, dell’Impero Romano e della Zecca di Salerno.

Le sale del museo diocesano di Salerno.

La sala del 700'.

Entrando da destra nel museo diocesano di Salerno, troviamo la sala del 700’, dove veniamo immediatamente colpiti da due tele di Sebastiano Conca, “Il battesimo” e “L’ingresso di Gesù a Gerusalemme” al centro un presepe in avorio, corallo, tartaruga e madreperla con una Fuga in Egitto e Un’adorazione dei magi.

Seguono in ordine: una statua lignea di San Martino di Tours, una del Solimena con le martiri Archelaide, Tecla e Susanna, una scultura lignea con S. Maria Egiziaca e un piccolo presepe del 1700 napoletano.

Vi sono poi due tele firmate dal maestro salernitano Chiariello, “La vergine tra santi” e “La resurrezione”.

Sul piano, una tela raffigura le nozze di Santa Caterina, provenienti dallo Studium della scuola di medicina. Seguono due tele, la Vergine tra San Filippo nei e Sant’Andrea Avellino e la Madonna del Rosario, l’autore è il salernitano Ricciardi.

Di autore ignoto sono le tele “San Sebastiano”, “Gesù che scaccia i profanatori dal tempio” e “Le nozze di Cana” e “L’adultera”.

La sala raccoglie inoltre le lauree dell’ultimo periodo della scuola medica salernitana, un cofanetto eburneo esempio d’arte siciliana, una vetrina con un rotolo raffigurante l’ordine di precedenza nella processione dei misteri del venerdì santo. 

Seguono due zanne d’avorio con l’effige di Francesco II e di Maria Sofia, l’altra con la raffigurazione di Maria Clotilde, ricordi dell’ultimo re di napoli.

La sala del 600'.

Nella sala barocca troviamo opere naturalistiche dell’area napoletana tra XVI e XVII secolo e provenienti da donazioni fatta alla Cattedrale di Salerno.

La maggior parte delle opere sono soggetti sacri e protagonisti del Vecchio e Nuovo Testamento: patriarchi, eroi ed eroine in linea con il gusto della committenza laica per l’abbellimento delle cappelle e delle loro ricche residenze.

Campeggia all’ ingresso della sala la Giuditta di Francesco Guarino: l’eroina, riccamente abbigliata, domina la scena con atteggiamento fiero e porta tra le braccia la testa di Oloferne. 

All’ occhio dell’ osservatore colpiscono i colori, i giochi di luce ed ombra e i toni chiaroscurali del quadro, che in passato ne hanno determinato l’attribuzione a Caravaggio

Un David giovane e popolare, attribuito a Hendric van Somer, è ritratto a mezzo busto con il bacino avvolto da un drappo bianco, la cui mano sinistra poggia sulla testa ai Golia e con l’altra regge la fionda con la quale l’ha sconfitto.

 La tela presenta tratti enigmatici non solo per quanto riguarda la paternità, ma anche per la sua fisionomia, in quanto sullo strato inferiore si riscontrano figure di cavalli e cavalieri precedentemente dipinti, che ne dimostrano il suo reimpiego.

arte e cultura a salerno

Nella sala si trovano una croce in argento dorato e cristallo di rocca, appartenuta all’arcivescovo di Salerno cardinale Sabelli, un presepe in alabastro, una croce di metallo con pietre e smalti, forse di Roberto il Guiscardo, un manoscritto di San Tommaso d’Aquino, un ostensorio e un calice in cristallo, anteriori al concilio di Trento, un codice copto con miniature e custodia.

Di interesse storico è il sigillo dell’arcivescovo Romualdo II Guarna, autore del “chornicon” e di opere del duomo. Nella sala è custodito un medagliere pontificio e si trova una raccolta di monete greche, romane e medioevali.

Di estrema delicatezza e naturalezza è la Madonna della rosa di Massimo Stanzione, il quale ha saputo innestare la spontaneità e la grazia dei sentimenti su un realismo di tipo caravaggesco dando una svolta fondamentale al tardomanierismo locale. 

Il dipinto mostra la Vergine che regge sulle ginocchia Gesù recante in mano una rosa, senza spine, simbolo di purezza e rossa, simbolo del sangue versato.

sala barocca museo diocesano di salerno

Un’importante attribuzione conservata in questa sala è il dipinto Gesù scaccia i mercanti dal Tempio, assegnato a Luca Giordano. Ritrae l’omonima scena evangelica, proponendo un giusto equilibrio tra realismo e gusto scenografico attraverso la resa particolareggiata dei dettagli, come le vesti, e l’uso di colori vividi che risaltano sotto un fascio di luce diffusa. 

Passeggiando nella sala, l’occhio dell’osservatore rimane stupito dalla grandezza e dall’imponenza delle tele di Giovan Battista Beinaschi, “Mosè fa scaturire l’acqua dalla rocca” e “Il Martirio di Sant’Erasmo”, quest’ultima, reinterpretazione in orizzontale dell’omonima opera di Nicolas Poussin per la Basilica di San Pietro a Roma. 

Complesse e fitte composizioni di figure, corpi avvolti da elaborati panneggi dominano la scena, immersi in tenebrose e cupe atmosfere.

Colpisce il vigore naturalistico dell’opera, l’espressionismo dei volti e il pittoricismo visionario incupito in tonalità scure, appena squarciate da lampi di luce, che rendono le tele estremamente imponenti.

D’altro canto, lo “spirito non ordinario” di Nicola Vaccaro, figlio del celebre Andrea, emerge nel dipinto Cristo e l’adultera e nelle Nozze di Cana. 

Il giovane Vaccaro ha saputo unire le sue diverse esperienze artistiche in un eclettismo barocco, arricchendo le scene con particolari ed elementi profani, che trovano il loro spazio all’interno di una spiccata vivacità cromatica.

Chiude la sala barocca del museo diocesano la Sacra Famiglia di Angelo Solimena, datata 1670 circa e donata al Museo prima del 1978 da Don Raffaele Carratù, parroco della chiesa di Mercato San Severino. 

La tela è dominata in primo piano dalle due figure femminili della Vergine, Gesù e Sant’Anna, mentre in secondo piano da i Santi Giuseppe e Gioacchino inseriti su uno sfondo architettonico costituito da mura e la base di colonna liscia. 

Espressione della fase matura dell’autore, l’opera condensa in essa elementi del naturalismo, del preziosismo barocco delle atmosfere caravaggesche dell’epoca.

Sala del 500'.

sala 500 museo diocesano salerno

La sala del 500’ è anch’essa ricca di dipinti, apre la raccolta Pavanino da Salerno con “L’incoronazione della vergine”

Segue una delicata madonna in marmo e un padre eterno, forse di Criscuolo, di lato due bassorilievi in alabastro, “La natività” e la “Deposizione” della fine del XV secolo. 

In alto tre piatti di Norimberga, espressioni della cultura tardo-manierista di Giovanni Lama.

Segue un’opera dell’illustre pittore salernitano Andrea Sabatini, “La pietà”. Un trittico pregevole è del maestro salernitano Vincenzo De Rapata, una vergine con figlio tra San Francesco e San Giovanni Battista da un lato, San Sebastiano e San Bernardino dall’altro. Continuando si può osservare un’altra rappresentazione della madonna di marmo, segue San Michele Arcangelo, proveniente dalla chiesa San Pietro in vincoli, opera impegnata di Cristoforo Scacco, il quale si ispirò alla scuola umbro emiliana.

Due tavole, una rappresentante San Matteo e una San Michele Arcangelo, provenivano in origine da una sola opera di autore sconosciuto. 

È probabile che siano state rimaneggiate da Andrea Sabatini. La madonna del Rosario di Francesco Curia chiude una serie delle tavole.

Due statue documentano la scultura salernitana del tempo, San Giuseppe, opera lignea e una Vergine col figlio, in terracotta, di Giovanni Merliani di Nola. Una bacheca accoglie alcuni codici miniati, il liber confratrum, importante per la conoscenza della storia dei secoli XI e XIII e il pontificale, uno dei codici miniati più importanti dell’Italia meridionale del 200’. Lo scrupularium di Romualdo II Guarna, illustra la liturgia della chiesa salernitana nel medioevo.

Ultima è la sala degli avori, delle tavolette illustrare con scene dell’Antico e Nuovo Testamento che risalgono al 500’. L’opera più importante del museo è sulla parte orientale: i 54 famosissimi avori del XII secolo, un ciclo figurativo ingente, il più solenne del medioevo meridionale.

Mancano alcune tavolette che si trovano al Louvre di Parigi, al museo di Berlino, a Budapest e al Metropolitan Museum di New York.

Sono sostituite con tavolette in legno neutro. I bassorilievi illustrano ai alti episodi dell’antico testamento e al centro del nuovo. Sono opere di vari artisti di cultura diversa. Alcuni si rifanno al filone classicheggiante e bizantino, altri all’arte islamica e altri ancora agli influssi della scultura romanica provenzale.

Seguono tre armadi di ferro che racchiudono il rotolo pergamenaceo dell’exultet ora diviso in tavole.

Opera in miniatura del XIII secolo e tra le più complete del genere è un connubio tra elementi gotici e bizantini.


Ingresso dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00 tutti i giorni escluso il mercoledì

Costo del biglietto

2.00 euro per gli adulti

1.00 euro per gli studenti di ogni ordine e grado

Sono disponibili sale per mostre temporanee e spazi per ricevimenti ed eventi

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